Il carciofo alla giudia racconta la storia del ghetto ebraico a Roma

Non esiste storia che non abbia un sapore, metaforicamente parlando, e non c’è storia di un luogo o di un popolo che non sia anche la storia della sua cucina. Sapori ed eventi sono saldamente intrecciati ovunque, e ogni viaggiatore che sia mosso da autentica curiosità per le mete dei suoi viaggi non può fare a meno di chiedersi quali profumi respirerà durante il suo soggiorno e quali sapori sperimenterà il suo palato.



Il tour privato Trastevere e Ghetto Ebraico Street Food e passeggiata è indirizzato proprio agli appassionati di storia e di cibo. Due quartieri di Roma, un’idea del cibo che nasce dall’unione di più culture, dalle stratificazioni, nei secoli, delle abitudini antiche e dalla nascita di atteggiamenti verso il cibo più contemporanei. Non ci sono elementi che possano entrare in conflitto tra loro. Tutte le preparazioni, i piatti simbolo di queste zone di Roma sono una perfetta fusione di gusti e, per questa ragione, attraggono la curiosità e piacciono davvero a tutti.



Le migliori specialità della tradizione romana raccontano quella stessa tradizione, anche fuori dalla tavola. Ogni piatto rappresenta un passaggio della storia e il suo successivo incontro con l’evoluzione.



Durante il particolare percorso programmato da Rosy Smart City Tours  si visitano le aree del quartiere ebraico e di Trastevere e si ha la possibilità di assaggiare i famosi carciofi fritti della tradizione giudaico romanesca, e anche i golosi supplì. Non c’è turista che approdi a Roma senza il desiderio di comprendere il perché della fama dei supplì e dei carciofi alla giudia.



Questi ultimi compaiono già nei ricettari del XVI secolo; oggi li mangiamo e ci regalano gioia. Il loro gusto è eccezionale come il loro aspetto. Ma le loro origini affondano in un’epoca di divieti e ristrettezze per gli abitanti del quartiere. Qualche cenno di storia ci aiuta a capire: il ghetto ebraico sorge accanto al teatro di Marcello e nasce sotto il papato di Paolo IV, che con una bolla stabilisce di fatto la segregazione dei residenti. Eppure, proprio nei luoghi sui quali piovono divieti e costrizioni, la fantasia corre più libera e il fermento culturale diventa una vera e propria esplosione.



Anche gli ebrei spagnoli e di Sicilia confluiscono nel ghetto. E la mescolanza delle culture dà vita a una cucina straordinaria. Tra le tante prelibatezze ebraico-romanesche (anche i dolci sono ottimi) spicca il carciofo alla giudia.



Per prepararlo si usa una particolare specie del vegetale: il carciofo del Lazio, molto grande, con forma tondeggiante e privo di spine. Viene mondato, lavato e fritto capovolto nell’olio bollente, per ben due volte. Quindi viene condito con sale e pepe. Sembra un fiore, una rosa. Per il palato è senza dubbio un omaggio straordinario. In genere, dopo il primo assaggio si desidera il bis. Il piatto è semplice ma golosissimo. Ha un appeal pari, se non superiore, a quello delle sfoglie di patata fritte. Le famose patatine e il carciofo alla giudia hanno in comune non solo l’olio nel quale sono fritti, ma anche la loro provenienza umile. Non si dice che le cose più semplici siano le migliori?



Secondo alcune fonti il carciofo, preparato in questo modo, veniva consumato alla fine della giornata di espiazione (Yom Kippur) e quindi di digiuno, prevista dalla religione ebraica. Una giusta ricompensa per il sacrificio. Secondo altre ricostruzioni, non ha niente a che vedere con quella giornata. Quale che sia la verità, Rosy Smart City Tours vi porterà nel cuore del ghetto, delle sue tradizioni e della sua cucina, per provare a scoprirla insieme.

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