 
La porchetta romana simbolo della cucina italiana
La porchetta romana non è soltanto un simbolo della cucina italiana. Nelle sue pieghe, le spezie conservano la memoria del passato. Eppure, non esiste cibo più ‘fresco’. A Roma e nei suoi dintorni se ne prepara ogni giorno una grande quantità. Fa gola, soprattutto nella pizza bianca che affolla le pizzicherie, a ogni angolo della città. Che la porchetta sia fatta con carne suina è noto un po’ a tutti. Cosa rappresentasse il maiale nella cultura delle comunità, decine e decine di anni fa, è meno noto. Proviamo a esplorare insieme un mondo fatto di gusto e tradizioni. Lo facciamo con Rosy Smart City Tours e il suo percorso di due ore e mezzo nel fascino dei vicoli del centro. Il Tour si intitola Ghetto, Pantheon, Navona, Street Food e passeggiata ed è un percorso che conduce nel cuore della tradizione gastronomica locale. Pizza al taglio, carciofi alla giudia, fiori di zucca, porchetta, tiramisù e gelati artigianali sono soltanto alcune delle delizie della cucina romana e nazionale che è possibile assaggiare, durante il percorso tra le bellezze della capitale.
Senza il maiale la porchetta non esisterebbe. Senza il maiale, probabilmente, non potremmo godere di questa succulenta eredità della storia gastronomica italiana, di quello che gli antichi greci, gli etruschi e i romani ci hanno lasciato. Il maiale rappresentava abbondanza e vita, per loro. Le cronache degli storici e persino l’Odissea ci hanno consegnato l’immagine di mense ricche di ogni bene, con la carne di maiale a trionfare sulla ‘caducità’ della vita umana. Il maiale era importantissimo anche per le popolazioni contadine; per chi non apparteneva all’aristocrazia lo era ancora di più, nell’antica Roma.
L’antenato della porchetta che mangiamo oggi è, secondo alcune fonti, il porcellum farcilem. Lo si ritrova nei ricettari, in una doppia versione. Due modi differenti di preparare il piatto altamente calorico. Un assaggio, tuttavia, non fa male a nessuno. Bacche di alloro, ruta e pepe, vincotto e olio erano gli ingredienti che si trovavano più spesso nella versione ‘basic’, mentre l’altra era un piatto unico. Era infatti farcita con spezie, uova, semola cotta e frattaglie, per non citare altri ingredienti. Oggi ci farebbe inorridire soltanto pronunciarne il nome. Ma quella era la base della tipica cucina romana. Oggi se ne può gustare una versione alleggerita, per così dire.
Quanto all’origine della porchetta, le fonti non sono concordi. La prima ricetta di questa delizia viene attribuita al Lazio, nello specifico a una località chiamata Ariccia. In realtà, a contendersi la nascita della porchetta sono Norcia, in Umbria, alcune località abruzzesi e altri luoghi della campagna toscana. La tradizione è forte in ciascuna di queste regioni. Nel Seicento, in effetti, sembra che preparassero qualcosa di molto simile nelle terre che oggi appartengono all’Umbria, alle Marche e all’Emilia Romagna.
Di sicuro si trattava di uno street food; i banchi dei porchettari erano presi d’assalto durante le celebrazioni e le feste popolari (esistono trattati che riportano leggi emanate per regolamentare la distribuzione dell’alimento). E anche oggi la porchetta può essere tranquillamente gustata nel pane o nella pizza, durante una passeggiata o nel piatto, accompagnata dalle puntarelle e dalla ‘romanella’ dei Castelli. Le guide di Rosy Smart City Tours vi diranno cosa sia la romanella e in quali locali di Roma gustare la famosa porchetta.
 
				  	 
       
          
          
          
          
         